Il piccolo libraio di Archangelsk
Georges Simenon
Adelphi, Milano, 2007
pag. 172 – 16 €
Tornare a leggere Simenon è come tornare alla vecchia baita di montagna quando si ha bisogno di riposo e quiete. Non voglio dire con questo che Simenon sia soporifero, ma che nella sua scrittura mi ci ritrovo, le sue descrizioni sono come una boccata di aria d’alta montagna. Al piccolo libraio di Archangesk un quotidiano locale riserverebbe un trafiletto a nel taglio basso della pagina tanto piccola e banale può apparire la storia. Eppure Simenon riesce a far grande anche un personaggio come Jonas, che, se preso freddamente, potrebbe sembrare un fallito, rinchiuso in una storia d’infanzia troppo grande per lui (la caduta degli zar in Russia) e in un paesino della Francia dove nulla può essere nascosto. Un ambiente gretto e provinciale rispetto al quale, comunque, Jonas fa di tutto per essere accettato, integrato fino a sposare l’irrequieta Gina. Jonas non oserebbe neppure pensare che nella sua relazione con Gina ci sia amore, gli basta pensare di averle dato una occasione di tranquillità e passa sopra al suo disordine, alle sue scappatelle, pur di mantenere quella parvenza di normalità a cui tiene tanto.
Ma quando Gina scompare e le maldicenze paesane lo sospettano di aver avuto un ruolo nella sparizione, Jonas è costretto a mettere a nudo, davanti a se stesso, poi davanti al commissiario, la fragilità e impossibilità di quella sua vita.
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