Il fondamentalista riluttante
Mohsin Hamid
Einaudi, Torino, 2007
pag. 134 – 14 €
Se sei un giovane brillante pakistano in carriera nella New York post 11 settembre. Come te la cavi? Se hai cominciato da poco il tuo lavoro di analista finanziario per la più prestigiosa agenzia e vai in giro per il mondo a fare le tue analisi il cui effetto sarà smembrare aziende, licenziare persone etc. etc. e coloro per il quale stai facendo il tuo lavoro sono gli stessi che stanno gettando il tuo paese nella guerra, come ti guardi ogni mattina allo specchio? Changez non aveva mai pensato a questo, ma dopo l’11 settembre, dopo gli avvenimenti che ne seguirono, compresa la “guerra santa” contro gli stati canaglia, nel suo guardarsi allo specchio trova una barba che cresce sempre più e una dedizione al lavoro che si fa eterea di pari passo. Perché, si legge in Il Fondamentalista riluttante, “Un’America come quella andava fermata.” e poco oltre: “nessun paese è così disinvolto nell’infliggere la morte agli abitanti di altri paesi,nel terrorizzare tanta gente in luoghi lontani, come gli Stati Uniti.”
Il monologo di Changez con il suo silenzioso interlocutore, apparentemente un turista americano seduto a un tavolino del bazar di Anarkali cresce di intensità, riga dopo riga fino a culminare in un finale inaspettato rispetto al quale lo stesso Changez sempre, in fondo, ancora riluttante.