La memoria dalle gambe corte
Quando si parla di memoria, la mente riporta con più facilità alla seconda guerra mondiale, all’olocausto. Eventi da non dimenticare ma che non sono rimasti unici. E’ una memoria messa a dura prova quella con cui dobbiamo confrontarci oggi.
Senza sosta è il batti e ribatti di notizie che si susseguono a spron battuto, di situazioni che si aprono senza più chiudersi, di guerre poco mediatiche ma non per questo meno cruente. Un libro letto di recente mi riporta alla mente quel concetto dei danni collaterali di cui i media parlavano tempo fa. Ma mi accorgo, leggendo, d’aver dimenticato che quei danni collaterali si sono tradotti nella pratica in migliaia di persone, donne e bambini morti sotto le bombe “intelligenti” americane. Mi viene perfino il dubbio che se ne sia davvero parlato.
Non mi fido, verifico, cerco in rete e trovo decine e decine di pagine sull’argomento.
Sono passati pochi mesi e già non me ne ricordavo più, dopo l’Afghanistan non c’è stata pace; l’Iraq, Nassirya, Madrid, gli ostaggi sgozzati, gli iraqeni trucidati dalle bombe della loro stessa gente.
La memoria ha le gambe corte, forse anche le braccia, come si accorciano le gambe e le braccia degli afghani che continuano a saltare sulle bombe anti-uomo. E come le loro braccia e gambe trovano protesi che valgono una speranza nell’instancabile lavoro di un medico italiano, anche per la nostra la memoria dovremmo trovare una qualche protesi che valga una speranza per non dimenticare.
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