Il castello del Catajo
Il castello del Catajo sorge nel comune di Battaglia Terme sulle sponde dell’omonimo canale e ai piedi dei Colli Euganei. Trovandosi a pochi chilometri dai centri termali di Abano Terme e Montegrotto Terme può essere raggiunto facilmente in bicicletta anche perché si trova proprio lungo il percorso dell’anello ciclabile dei Coli Euganei https://www.collieuganei.it/ciclovie/anello-colli-euganei/ che con i suoi 64 chilometri circonda il Parco Regionale dei Colli Euganei.
Bé noi non abbiamo approfittato di questa opportunità, un po’ perché non abbiamo la passione della bici e molto perché la visita è stata stimolata da una fredda e uggiosa giornata di dicembre.
Il castello del Catajo nasconde tante piccole curiosità. Innanzitutto a dispetto del nome non è propriamente un castello, la sua architettura si riconduce più a una villa con forme architettoniche del tutto inconsuete per l’epoca.
La prima costruzione risale al ‘500, sarà poi oggetti di successivi ampliamenti fino all’800.
Il castello del Catajo un po’ di storia
L’origine del nome più accredita è quella che fa derivare Catajo dalla locuzione “la Cà del Tajo”, dove “Cà” è il termine veneziano per “casa” e “tajo” una parola dialettale che indica un canale scavato dall’uomo, essendo appunto quello di Battaglia un canale artificiale scavato tra il 1100 e il 1200 per unire Padova alle città fortificate di Monselice ed Este.
Il Castello comprende in totale 350 stanze di cui oggi solo una parte sono visitabili, grazie ai lavori di restauro che la nuova proprietà sta portando avanti. All’esterno i giardini, allestiti nel ‘600 da Pio Enea II, caratterizzati da due magnolie risalenti al XVIII secolo e da una gigantesca sequoia americana (tra le prime piante importate in Europa dall’America).
La storia del Castello del Catajo è legata agli Obizzi, famiglia di capitani di ventura francesi che possedeva uno dei più importanti eserciti mercenari dell’Europa, e stabilitisi nel territorio della Repubblica di Venezia dal 1422, quando Antonio si unì in matrimonio all’ereditiera padovana Negra de’ Negri, che portò in dote il territorio di Battaglia Terme.
Le generazione successive da Pio Enea I° Obizzi, a Pio Enea II, fecero del castello la loro personale operazione di marketing familiare ante litteram. La residenza fu concepita dagli Obizzi come una macchina di rappresentanza in cui tutto doveva stupire il visitatore e celebrare le gesta della famiglia per colmare l’assenza di un titolo nobiliare che arriverà solo nel 1630.
Gli oggetti di valore prendono la via dell’Europa
Nel 1875 il Catajo viene lasciato in eredità all’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, unico erede al trono imperiale austriaco. L’Arciduca svuoterà il castello di ogni oggetto di valore, portando parte delle collezioni Obizzi nel suo castello in Repubblica Ceca e parte a Vienna. Oggi gli oggetti più preziosi sono esposti al Kunsthistorisches Museum della capitale austriaca.
Con la fine della prima guerra mondiale il Castello del Catajo viene prima acquisito dallo Stato come risarcimento di guerra e poi acquistato dalla famiglia Dalla Francesca che lo trasformerà in una azienda agricola per la coltivazione intensiva di tabacco fino agli anni ‘70. Dopo un lungo periodo di abbandono viene acquistato da un mecenate locale che ne avvia i lavori di ristrutturazione e lo apre al pubblico.
La scalinata esterna: gli ospiti arrivano a cavallo
Eh sì, se le scale esterne che portano al piano superiore vi sembrano strane è perché lo sono. Si stratta di scale “a cordolo” pensate per essere salite a cavallo. Pio Enea I voleva così ricordare ai suoi ospiti che qui abitava una famiglia di cavalieri. Le scale consentivano a ospiti e proprietari di salire al piano nobile di Castelvecchio senza scendere da cavallo.
La terrazza panoramica
Progettata sempre da Pio Enea I nel 1570 che fece sostituire il precedente tetto spiovente con questa terrazza che diventava una sala da ballo a cielo aperto. Il castello del Catajo fu utilizzato per lo più come residenza estiva e quindi gli spazi esterni, per la prima volta nella storia moderna, vengono intesi come spazi abitabili, e come in questo caso offrono una vista privilegiata sulla cornice dei Coli Euganei a ovest.
Ma la terrazza aveva anche la funzione, come tutto nel Castello del Catajo, di stupire gli ospiti e poteva trasformarsi in un palcoscenico sul sottostante “Cortile dei Giganti”. Grazie a un particolare sistema idraulico il cortile poteva essere allagato e diventare così una gigantesca vasca dove si svolgevano spettacoli particolari e le naumachie ovvero battaglie navali dal vivo.
La scalinata interna: accesso di servizio
L’accesso interno al piano nobile era riservato alle persone di servizio o di famiglia. E’ evidente come alcune porzioni di questa scala interna siano state scavate nella roccia viva della piccola collina di trachite euganea sulla quale il castello poggia.
Il piano nobile: celebrazione delle gesta con una piccola esagerazione
Le stanze dell’appartamento di rappresentanza del Catajo sono state pensate e realizzate per esaltare le gesta della famiglia degli Obizzi e per dimostrare la ricchezza, il potere, il prestigio di famiglia.
A realizzare gli affreschi fu chiamato uno di più grandi interpreti del Rinascimento Veneto, Giovanni Battista Zelotti già seguace di Paolo Veronese.
La visita parte con l’affresco dell’albero genealogico della famiglia, il primo nome in basso è quello di “Obicio I” il fondatore e capostipite per arrivare fino all’ultimo, al tempo della realizzazione, “Pio Enea I”, il costruttore del castello nel 1570.
E qui incontriamo un’altra curiosità che ci riserva il castello. Il caminetto trova sotto l’affresco, così come tutti quelli del piano nobile, è chiuso da ante di legno dipinto che permettono in modo elegante di celare la cenere agli occhi dei visitatori. Un tempo erano decorate anche le porte e le imposte, queste però furono sostituite nel ’800 senza decorazioni.
Tutte le stanze sono dedicate a una particolare evento della famiglia Obizzi e affrescate con allegorie sulla pace, la prudenza, la verità, l’invidia e così via.
Il peso della mancanza di un titolo nobiliare è tale che in una stanza si vede Tommaso Obizzi che viene ricevuto da re Edoardo III d’Inghilterra che nel 1366 gli consegna l’Ordine della Giarrettiera, massimo ordine cavalleresco consentito ad una famiglia senza nobiltà. Ma da recenti studi pare che questo evento non sia mai avvenuto. Insomma il buon Pio Enea I, in questo caso, come si dice, l’ha fatta un po’ fuori dal vaso. Peccato veniale difronte alla veridicità storica di tutti gli altri eventi raccontati negli affreschi. Diciamocelo, crescere in una famiglia come quella Obizzi non deve essere stato facile.
Quanto è cresciuta Maria Beatrice D’Asburgo-Este?
Che cosa fa un adolescente quando si annoia nella casa di vacanza di famiglia anche se ha decisamente il sangue blu e il suo nome completo è: duchessa Maria Beatrice Anna Francesca d’Asburgo Este, arciduchessa di Modena, Reggio Emilia, Mirandola, Massa e Carrara Principessa d’Austria Boemia e Ungheria?
Bé trova un pilastro a fianco di uno degli affreschi, prende una matita e anno dopo anno segna la sua altezza. I segni sono visibili ancora oggi partendo dal basso che data 28 luglio1828. Ogni estate quando Maria Beatrice tornava al Catajo, registrava quanto fosse cresciuta in statura.
Piccolo particolare, a guardare quei segni si è portati a pensare che la fanciulla fosse decisamente alta per la sua età. In realtà non è dato conoscere la sua statura effettiva dato che Maria Beatrice misura sé stessa comprendendo acconciatura e tacchi che falsavano decisamente il dato finale.
La fontana dell’elefante
Ultima curiosità che vi proponiamo è la fontana dell’elefante voluta da Pio Enea II Obizzi. Quando venne realizzata, l’elefante era un animale quasi del tutto sconosciuto in Italia, tanto che nell’intera penisola esistono solamente tre rappresentazioni di quel secolo di questo strano animale. Oltre alla fontana del Castello del Catajo, l’elefante è la base su cui poggia l’obelisco della Minerva a Roma, la terza si trova al Parco dei Mostri di Bomarzo, vicino a Viterbo.