La petizione per i LEA: cominciamo l’autunno con una buona azione.

Ultimo aggiornamento: 10 Dicembre 2019

 

Chiariamo cosa sono i LEA

Per descrivere i LEA (Livelli essenziali di assistenza) mi avvalgo della definizione che viene data nel sito del Ministero della salute:

I Livelli essenziali di assistenza (LEA), vale a dire le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale, sono stati definiti con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, entrato in vigore il 23 febbraio 2002.

[omissis]

E’ molto importante ricordare che le prestazioni e i servizi inclusi nei LEA rappresentano il livello “essenziale” garantito a tutti i cittadini ma le Regioni, come hanno fatto fino ad oggi, potranno utilizzare risorse proprie per garantire servizi e prestazioni ulteriori rispetto a quelle incluse nei LEA.

www.salute.gov.it

Servizi essenziali a volte inesistenti e rimane solo la famiglia

Ok, quindi il Servizio sanitario nazionale garantisce un livello di assistenza essenziale che viene integrato dalle regioni secondo la loro disponibilità. E come si sa la coperta, in questo caso, è sempre molto corta.

Burocrazia, assistenza domiciliare che spesso non c’è, leggi non applicate, si traducono per le famiglie che si occupano di un anziano malato cronico e affetto da demenza, in costi che devono affrontare e che pesano sensibilmente nel bilancio familiare. Si pensi ad esempio a chi si avvale dell’aiuto di una badante, con un impegno finanziario si aggira intorno ai quattordicimila euro all’anno. Senza contare le spese per la sostituta nei periodi di ferie della badante.

Firma la petizione per riconoscere un contributo alle famiglie

La Fondazione promozione sociale che da decenni porta avanti iniziative per la tutela dei diritti delle persone non in grado di difendersi da sole (come appunto gli anziani malati cronici non autosufficienti e i malati di Alzheimer e altre demenze), ha promosso una raccolta di firme in change.org per chiedere al Parlamento di approvare una risoluzione che impegni il Governo e le regioni a inserire nei nuovi LEA :

«un contributo forfettario per le prestazioni di assistenza informale fornite dai familiari 24 ore su 24, sia direttamente che mediante l’aiuto di terzi».

 a carico del Servizio sanitario nazionale.

Ecco il link dove si può firmare la petizione e leggere il documento che la presenta:

www.change.org

L’impoverimento delle famiglie con una persona non autosufficiente

Il ragionamento che viene fatto è semplice. Se da un lato è giusto incentivare che gli anziani possano rimanere nel loro ambiente familiare il più a lungo possibile, dall’altro non è corretto condannare interi nuclei familiari a impoverirsi. La Fondazione riporta i dati Censis del 2016: il 50,2% delle famiglie con una persona non autosufficiente ha a disposizione risorse familiari scarse o insufficienti. Per fronteggiare il costo privato dell’assistenza ai non autosufficienti 910.000 famiglie italiane hanno dovuto “tassarsi” e 561.000 famiglie hanno utilizzato tutti i propri risparmi e/o dovuto vendere la casa e/o dovuto indebitarsi»;

Nei nuovi LEA (il documento pubblicato su Il Sole 24 ore)  invece è previsto che il Servizio sanitario nazionale intervenga per il 50% del costo delle prestazioni di assistenza tutelare ma solo per quelle di assistenza professionale (le strutture residenziali ad esempio) e nulla viene previsto per le famiglie che con un impegno quotidiano fanno sì che i propri cari possano vivere al loro domicilio.

La Fondazione di promozione sociale fa anche due conti: se la quota mensile a carico delle ASL in caso di un ricovero in RSA (Residenze sanitarie socioassistenziali) è di 1200-1500 euro perché non riconoscere 600-750 euro al mese di contributo forfettario per coprire almeno una parte delle spese vive sostenute dai familiari per accudire ai propri cari non autosufficienti? Lo Stato risparmia e le famiglie possono contare su una boccata di ossigeno.

Non dimentichiamo che ad essere puntigliosi di fatto i familiari non avrebbero nessun obbligo di svolgere le funzioni a sostegno dei malati non autosufficienti che sono assegnate per legge al Servizio sanitario nazionale.

Riconoscere il valore delle prestazioni fornite dalle famiglie

Quindi la situazione è chiara. Le famiglie, in attuazione delle direttive del personale sanitario dell’Asl, si trovano a svolgere compiti di assistenza che sarebbero di competenza del Servizio sanitario e che sono indispensabili per la vita stessa delle persone anziane non autosufficienti. Si pensi alla somministrazione dei medicinali a quella degli alimenti che può contemplare preparazioni specifiche e imboccamento e poi la non facile questione della corretta idratazione:

Adesso il cibo glielo frullo.

Deve mangiare poco e spesso, facile.

Deve bere molto, un’impresa.

La dentiera non la mette più e il sorriso le si affonda fra le labbra tirate.

Tratto da “Io sono Nina – Storia di una demenza senile

Per non parlare dell’igiene personale con i problemi relativi all’incontinenza. Tutto questo lavoro sia che sia svolto direttamente da un familiare o da una sua persona di fiducia, come può essere una badante, ha un costo. Oggi si chiede che tale costo venga almeno in parte riconosciuto con un effetto “vinco io, vinci tu” per le casse dello Stato e quelle delle famiglie.

Gli altri due punti della petizione di modifica dei nuovi LEA

Oltre al riconoscimento di un contributo economico a carico del Servizio sanitario nazionale come rimborso delle spese vive che le famiglie sostengono per consentire ai loro cari malati cronici e non autosufficienti di rimanere nel loro domicilio, la petizione si occupa anche delle strutture residenziali e della valutazione multidimensionale.

Per quanto riguarda le residenze citate nell’Art.34, la petizione chiede che le Strutture semi-residenziali e residenziali per le persone con disabilità con limitata o nulla autonomia,  siano chiaramente indicate come comunità alloggio di tipo familiare con al massimo 8 posti letto e 2 per il sollievo e che siano inserite nel vivo del contesto abitativo. Sebbene una struttura abbia un limite di 20 posti letto, ad oggi, nulla impedisce che in uno stesso edificio vengano accorpati un nucleo da 20 per minori con disabilità, un nucleo da 20 per giovani adulti con disabilità in situazione di gravità, un nucleo da 20 per adulti disabili che richiedono moderato impegno assistenziale e un nucleo per disabili anziani; con il rischio di creare dei veri e propri ghetti di emarginazione.

Infine la petizione chiede che la valutazione dimensionale dei nuovi LEA non possa: “negare le cure, né ritardarle in quanto in tutti i casi le esigenze sanitarie e socio-sanitarie delle persone non autosufficienti sono indifferibili in relazione ai loro quadri clinici e patologici”.

Il timore è che la valutazione multidimensionale, così come è proposta nei nuovi LEA, diventi lo strumento per ritardare le cure o addirittura negarle.

 Per firmare la petizione clicca qui:

www.change.org

 

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