Vancouver Island – Canada e Alaska 2009 II° puntata
Partiamo alle 9 del mattino dopo l’ultima generosa colazione alla Bear’s Paw Bakery. E’ una giornata limpida, il cielo di un azzurro terso. Bastano pochi minuti in automobile e passiamo il “confine” tra lo stato dell’Alberta e quelle della British Columbia, dove siamo diretti.
07-08-09 In rotta verso Vancouver Island con sosta a Kamloops
Cartelli lungo la strada ci ricordano che dobbiamo portare indietro l’orologio di un’ora. Ora la differenza di fuso con l’Italia sale a nove ore. Vediamo il lato positivo della cosa: questa giornata ci regala un’ora in più. Ci chiediamo se c’è chi vive da una parte e lavora dall’altra. Ma anche la Yellowhead Highway (l’altra alternativa è la Highway 1 che però ripercorre tutto il tratto della Icefields Parkway, e noi abbiamo voglia di strade nuove) corre dritta fra due ali di un verde lussureggiante. Siamo nel Mount Robson Park, dove si trova l’omonima cima che con i suoi 3.954 metri è la più alta di tutte le Rockies Mountains. Il viaggio prosegue in quasi totale solitudine, con gli occhi attenti ad ogni movimento di vegetazione, a ogni macchia più scura che non si riveli semplicemente un sasso o un cespuglio. I cartelli dicono che siamo in zona alci. Non ne abbiamo ancora visto uno e ci piacerebbe proprio incontrarne. Ma questo avverrà solo più avanti e per un momento fuggevole, vicini a Kamloops.
Kamloops è a 440 km da Jasper, 5 ore di viaggio, comode, comode. Abbiamo fatto una breve sosta in un bar lungo la strada a Clearwater, piombando direttamente nel locale di Arnold in Happy Days. A un centinaio di chilometri da Kamloops la vegetazione cambia, in qualche modo si fa spettrale. Ci troviamo in un susseguirsi di colline, in cui rimangono miseri steli di quelli che un tempo dovevano essere rigogliosi pini. Avvicinandoci alla nostra meta la situazione non cambia, anzi peggiora, ovunque sulle colline che ci circondano i segni di un vasto incendio che ha distrutto la vegetazione. Sapremo poi che nel 2003 le Strawberry Hills che circondano Kamloops sono state distrutte da un immenso incendio. I segni sono tutt’ora molto evidenti.
E’ qui, che notiamo il flash delle auto che provengono in senso opposto. Il primo pensiero va all’avviso di un controllo della polizia, invece si tratta proprio di un giovane alce che attraversa la strada. Berta lo fissa per un attimo prima che scompaia nella vegetazione.
Kamloops
L’impressione è che chi abita qui sia abituato a sentirsi in un posto di passaggio. La sosta per la notte a Kamloops è d’obbligo nel tratto Jasper-Vancouver. Scegliendo la Yellowhead si tratterebbe di quasi 800 km da farsi in nove ore. Nulla di impossibile, ma accidenti siamo pur sempre in vacanza. Se si sceglie la Highway 1 i chilometri diventano 1000. Abbiamo trascorso un tranquillo venerdì pomeriggio e sera in centro. Passeggiato per le vie, ascoltato un concerto swing al Riverside Park dove si trova anche la “spiaggia” cittadina sul fiume Thompson. Il giorno dopo ci sarebbe stato una sfilata d’auto d’epoca che già cominciavano a riunirsi la sera.
08-08-09 Verso Victoria, Vancouver Islands
La mattina seguente dopo l’abbondante colazione al B&B, in compagnia di una famiglia israeliana e una del North Carolina, partiamo per Vancouver, 355 km da coprire in quasi 4 ore. Man mano che ci allontaniamo da Kamloops le colline cominciano a riprendere il loro aspetto naturale. Per un tratto ancora i versanti sono macchianti dal marrone dei pini seccati ma piano piano quelli verdi tornano a colorare i versanti del loro di un più consono verde.
Lungo la strada i tempo cambia. Del resto stiamo salendo con lo stesso modo dolce in cui si sale in montagna in questi luoghi fino a toccare i 1.400 mt. Dopo Hope si imbocca la Highway 1 con il tempo che rimane stabilmente sul nuvoloso anche quando scendiamo a livello del mare. Man mano che ci avviciniamo a Vancouver, il traffico si intensifica. Scopriamo che sono bastati pochi giorni per disabituarci alla confusione.
Dobbiamo dirigerci verso l’imbarco dei traghetti per Vancouver Island di Tsawwassen per l’ora e mezza di navigazione fino a Swartz Bay a 30 km da Victoria. Qui il confine con gli USA è a meno di un chilometro. Alle 14 ci imbarchiamo dopo tre quarti d’ora di attesa. Per la traversata abbiamo pagato 72$can, 45 per l’auto e 27 a testa.
Anche nel tratto di mare tra Vancouver e la sua isola il tempo rimane coperto con tratti di foschia bassa. L’isola di Vancouver si preannuncia con una serie di isolotti che punteggiano la baia e che sembrano quasi ondeggiare nell’acqua come i pezzi iceberg che vedremo, una settimana più tardi, in Alaska.
09-08-09 Victoria
Il nostro obiettivo dei cinque giorni che passeremo sull’isola sono le balene e le orche. Detto questo sulla strada per raggiungere le une e le altre c’è parecchio da vedere. Victoria merita senza dubbio una visita. La città più british del Canada merita senz’altro per la sua passeggiata lungo la Government Street fino a Chinatown.
Merita anche la visita, gratuita, al Parliament Buildings che permette anche di conoscere un po’ della storia di questa regione e una rapida visita all’interno dell’hotel The Empress, l’hotel in stile coloniale inaugurato nel 1908, con l’austero arredamento delle sale. A pochi chilometri dalla città da visitare anche i Butchard Garden, che però non abbiamo visto. Siamo andati National Geographic IMAX Theatre dove abbiamo visto un filmato sulle megattere tanto per farci venire ancora di più il desiderio di avvistarle. ScriCal ha una passione per National Geographic di cui ha visitato la sede a Washington.
Whale watching con lo Zodiac
Lungo il molo di Victoria ci sono numerosi posti in cui si può prenotare un whale watching.
Il più famoso è senz’altro il Prince of Whales, ma ci ha dato l’impressione di una piccola fabbrica per i turisti, così abbiamo optato per il Great Pacific Adventures che ci sembrava più “ruspante”, tanto per salvare le apparenze dell’avventura. Tre ore di escursione con lo Zodiac, il gommone a 12 posti, ci è costato 199,50 in totale.
Abbiamo visto che i prezzi sono in pratica tutti uguali ed è da capire visto che i diversi operatori lavorano fianco a fianco. Prima della partenza c’è il rito della vestizione con le tute fornite dall’organizzazione che fungono anche da salvagente (ci chiedevamo in effetti come mai, quando voli sulle Alpi danno il salvagente e non lo facessero loro).
La giornata non è stata delle migliori, anzi, appena partiti con il gommone ci siamo trovati immersi in un banco di nebbia. Cal ed io ci siamo lanciati uno sguardo di sconforto; di nebbia, a casa, ne abbiamo in abbondanza e del tutto gratis! Comunque abbiamo lasciato il molo di Victoria alle 10 e dopo un mezz’oretta di lenta navigazione nella baia lo zodiac ha impostato l'”avanti tutta” e ha iniziato a sobbalzare veloce sulle onde.
Dopo un’ora di navigazione di orche neppure l’ombra, di panorama nemmeno a causa della nebbia. Il nostro comandante navigava di qua e là alla ricerca di qualcosa che si muovesse nell’acqua in costante contatto radio con le altre imbarcazioni al largo. Poi è successo. In un’area in cui la nebbia si era alzata un primo avvistamento di una pinna. Blocco del gommone, avvicinamento lento, qualsiasi cosa fosse emerso ora era sparito. Dodici persone a scrutare il pelo dell’acqua armati delle macchine fotografiche, quasi trattenendo il respiro. Ed eccola! Sì.
E’ una pinna di Killer Whale, ovvero di orca, dritta come solo in libertà si possono vedere. E poco più indietro un’altra e a destra un’altra ancora, con l’eccitazione contagiosa che montava in tutti noi. E poi altre due pinne dietro di noi, altre tre a sinistra. Eravamo finiti nel bel mezzo di un branco che si stava spostando a caccia di cibo.
Di schiene e pinne ne stavamo vedendo un bel po’. Ma arrivati a questo punto le invitavamo, silenziosi dentro di noi, a compiere un balzo, anche uno solo, ma farlo davanti ai nostri occhi. Ed eccolo, il muso di un’orca che emerge verticale dall’acqua, non un balzo, certo, ma un po’ d’azione. Quello che non ci aspettavamo è che questa prima uscita risultasse come un segnale per tutte le altre che hanno iniziato balzare fuori, a rotolarsi battendo le pinne laterali sul pelo dell’acqua, a inabissarsi facendoci vedere il movimento della coda che tante volte avevamo visto in televisione.
Cal e io ci passavamo frenetici Berta, là, là e quello che abbiamo visto è molto di più di quanto siamo riusciti a fissare con la nostra digitale. Dopo dieci minuti di avvistamenti, un attimo di pausa, per tirare il fiato, per ascoltare il loro canto attraverso l’idrofono calato in acqua dal nostro accompagnatore. Ecco un esempio di quello che abbiamo sentito mentre una decina di orche sfilava intorno a noi.
Clicca qui per ascoltare il canto delle orche/Click here to listen the Killer Whales’ song
Il comandante ci stava spiegando alcune cose sul comportamento delle orche mentre ci facevamo cullare dal movimento del gommone sulle onde, quando improvviso, alla nostra destra, il rumore di uno sfiatatoio. Il dorso di un’orca stava passando accanto al gommone, così vicina che se avessimo avuto l’impulso di allungare la mano l’avremmo potuta toccare. L’orca si è immersa, abbiamo visto la chiazza bianca passare sotto il gommone per poi riemergere subito dopo dal lato opposto. Siamo rimasti ancora lì per un po’ in compagnia del gruppo di orche prima di tornare a Victoria verso l’una.
10-08-09 Verso Ucluelet – inizia la seconda settimana
Partiamo sotto un cielo plumbeo e dopo l’abbondante colazione fatta con Bonnie e una coppia di Seattle, lui nei marines, lei impiegata alla Boeing. Bonnie ci ha consigliato di fermarci a Chemainus per vedere i murales. Partiamo con una leggera pioggia. Non ci importa granché, se deve piovere meglio che lo faccia nelle giornate di trasferimento. Dobbiamo fare 300 km con un tempo stimato di 5 ore, verso Nanaimo e Port Alberni dove vorremmo fermarci per vedere Cathedral Grove, la foresta dei secolari abeti Douglas.
L’inizio della strada, allontanandoci da Victoria, scorre fra due ali di pini lungo un continuo sali-scendi che a volte ci proietta in zone con la nebbia. Dopo quasi un’ora entriamo in una zona più pianeggiante, le nubi si diradano un po’. Dopo 80 km arriviamo a Chemainus.
Chemainus
Città di segherie, l’ultima fu chiusa nel 1983 votando la cittadina di Chemainus a un destino di declino e disoccupazione. Ma le autorità locali ebbero l’idea di far dipingere un murales che raccontasse la storia della città a cui ne seguirono un’altra trentina. Così la cittadina ha ripreso vita, è stato costruito un teatro e il turismo l’ha salvata dall’oblio.
Camminiamo per le strade a caccia di murales in questo pigro e deserto lunedì mattina potendo goderci in tutta solitudine i dipinti della città. Della vecchia attività c’è ancora traccia e curiosità, davanti a queste coste nel 2006 hanno affondato un Boeing 737 per creare una scogliera artificiale.
Dopo un’ora di sosta ripartiamo verso Ucluelet. All’altezza di Port Alberni siamo sotto una pioggia battente. Inutile fermarsi a Cathedral Grove adesso, decidiamo di rimandare la visita al nostro ritorno e di tirare dritti verso Ucluelet.
Arriviamo nel primo pomeriggio. Appena sistemati nel bellissimo B&B, dove al nostro arrivo ci hanno dotato di giacca e pantaloni per la pioggia gialli come quelli usati dai pescatori, ci siamo organizzati il giro in zodiac. Qui ci sono le Humpback whale, le megattere, lunghe dai 12 ai 16 metri. Ci hanno detto che la zona è piena. Ma le previsioni per i prossimi due giorni sono pessime. E’ stato bello fino a ieri, lo sarà ancora dopo la nostra partenza. Andiamo a letto cercando di non pensarci, domani si vedrà.
11-08-09 Ucluelet – in zodiac per le megattere
Abbiamo scelto Ucluelet perché, come al solito, veniva descritta come meno turistica della sorella maggiore Tofino. E’ vero, ma anche Tofino, che dista una trentina di chilometri, non è che da l’idea di un centro alla Rimini, anche se certo è un po’ più frequentata di Ucluelet. Per la nostra uscita in zodiac (165,90 $can per due persone) abbiamo scelto lo Sea Safari, che si trova in un negozio di souvenir lungo la strada principale.
Dopo la colazione con una famiglia inglese (lei aveva i nonni di Piacenza come Cal) e un’altra coppia ci siamo diretti verso il molo per la partenza e la solita fase di vestizione. Ci siamo svegliati in una mattinata quasi priva di nubi e con sprazzi di cielo azzurro. Grandioso!
La mattinata resterà variabile, soprattutto al largo, ma sarà comunque migliore di quella di Victoria. Del resto è la condizione ideale, abbiamo già sperimentato quanto può essere forte il sole qui.
Partiamo alle 10 e appena fuori dall’attracco subito un primo avvistamento. Sulla sponda opposta un orso rovista tra le rocce in cerca dei piccoli granchi di cui sono ghiotti. Viene disturbato da alcuni corvi così decide di tornarsene nella boscaglia risalendo il crinale che scende a riva. Ma prima di scomparire nella vegetazione si concede un altro spuntino tra i rami delle piante, si alza sulle zampe posteriori per prendere delle bacche sui rami più alti. Lo prendiamo come un segnale di buon auspicio. Il nostro obiettivo, oltre alle megattere, sono le Bald Eagle le aquile con la testa bianca che sono divenute il simbolo degli USA.
La giornata promette bene, dieci minuti dopo l’orso ecco l’aquila, maestosa sul ramo di un pino. Si guarda altera intorno come se il mondo fosse tutto suo. Siamo lontani ed è grazie a Berta e al suo zoom che riusciamo a fissare la nostra prima aquila. Ci diciamo, senza riuscire a convincerci, che va già bene così, se anche non riuscissimo a vedere le Humpback, la giornata è comunque ben spesa. Ma non passano più di dieci minuti che all’orizzonte si vede uno spruzzo.
Sono le 10.35, per le 10.55 – quando la megattera sparirà al largo – le avremo fatto 75 foto. Ma in quei venti minuti ci offrirà uno spettacolo davvero emozionante con salti, rotolamenti, spruzzi con le pinne laterali. Cal e io siamo oggi più organizzati, l’uno fotografa per lasciare all’altro il piacere di godersi l’emozione di essere qui nell’Oceano Pacifico davanti a una balena. Poi ci scambiamo, cosicché anche chi ha avuto l’impegno delle foto possa godere di questo momento. Non c’è bisogno dell’idrofono, il canto della balena lo sentiamo nell’aria.
Clicca qui per ascoltare il canto delle megattere/Click here to listen the Humpback Whales’ song
Lasciata la nostra megattera al suo viaggio ci siamo diretti – con un profondo senso di soddisfazione interiore – verso Broken Islands un gruppo di isolotti graditi ai leoni marini. Placidi ma con il muso ben dritto davanti a sé, all’apparenza goffi per la loro stazza ma in realtà capaci di un’agilità insospettabile, il folto gruppo presente sulle rocce si è generosamente offerto al nostro sguardo. Sulla via del ritorno, la nostra megattera (o più probabilmente un’altra) ci ha regalato la sua bella coda che spuntava dall’acqua. Se farete questo viaggio, il consiglio è di non lesinare nelle uscite con lo zodiac che per noi sono state un’esperienza impagabile.
Dopo l’ottimo halibut in forma di Fish&Chips al furgone Jiggers (che ha la fama di essere migliore della regione), nel primo pomeriggio e con un tempo diventato nuovamente piovigginoso ci siamo diretti verso Tofino.
Lungo la strada ci siamo fermati in quello che era un vecchio punto di osservazione militare della costa. Di cui però rimangono poche tracce, per contro pare che la zona sia molto gradita ai lupi. Dopo un breve giro a Tofino siamo tornati a Ucluelet e, visto che nel tardo pomeriggio il cielo si era aperto nuovamente, abbiamo scelto di fare il tratto più breve del Wild Pacific Trail, quello di 2.5 km che gira intorno al faro. Il percorso si snoda lungo la costa con stupendo squarci su Barkley Sound e le Broken Islands con sezioni che entrano nella foresta pluviale. Alla base del faro ci siamo avventurati un po’ sulla scogliera, considerato il mare calmo, ma comunque sempre con molta attenzione per via dei massi scivolosi. Lungo il percorso è anche possibile vedere le balene al largo.
12-08-09 Addio Vancouver Island
Il mattino a colazione programmiamo la giornata che abbiamo davanti. In realtà non ne abbiamo nessuna. Grazie e Judy che, giustamente pensava fossimo in partenza, ci rendiamo conto che dobbiamo fare in fretta i bagagli per essere a Vancouver entro sera visto che domani abbiamo il volo per Anchorage. La giornata è splendida, essere fuori con lo zodiac oggi deve essere strepitoso. Noi invece ne approfittiamo per fermarci a Cathedral Grove nel MacMillan Provincial Park. Qui si trovano i secolari alberi Douglas, il più vecchio ha 800 anni ed è alto 76 mt, 20 in più della Torre di Pisa.
Questa volta il traghetto lo prendiamo a Nanaimo. Ci lasciamo alle spalle l’isola, le sue orche, balene, orsi, aquile e dandole un ultimo sguardo sappiamo che in fondo ci portiamo dentro un pezzetto di tutti loro. Davanti a noi, da domani, l’Alaska.